Purtroppo, è noto che i tempi della giustizia siano decisamente lunghi. Accade spesso che, prima di una pronuncia di primo grado, possano passare diversi anni.
Per tali ragioni, quando ne ricorrono i presupposti, è possibile promuovere un ricorso d’urgenza, previsto dall’art. 700 del Codice di procedura civile.
La funzione del ricorso d’urgenza è quella di evitare che, nel rischio di attendere i normali tempi processuali, l’interessato subisca un danno grave ed irreparabile.
Mediante il ricorso d’urgenza si potrà quindi chiedere al giudice l’adozione di “provvedimenti di urgenza”, che saranno ritenuti più idonei a preservare il diritto di cui si richiede la tutela.
Quando si può proporre un ricorso d’urgenza?
Il ricorso d’urgenza può essere proposto in presenza di due condizioni:
- il c.d. “fumus boni iuris”, cioè l’apparente sussistenza del diritto che si intende fare valere, fondato sulla base di un semplice giudizio di carattere sommario;
- il c.d. “periculum in mora”, ossia il pregiudizio grave ed irreparabile che il soggetto subirebbe nel corso di un ordinario giudizio di merito, in mancanza di una immediata tutela.
In mancanza anche solo di uno di essi, il giudice rigetterà il ricorso, condannando alle spese processuali la parte ricorrente.
Il ricorso d’urgenza: si possono impugnare il licenziamento e il trasferimento?
Nel caso in cui subisca un licenziamento, è onere del lavoratore che intenda contestare l’espulsione, quello di impugnare il licenziamento, prima in via stragiudiziale, mediante lettera raccomandata da inoltrare entro il termine di sessanta giorni; poi mediante deposito di un ricorso al Tribunale, in funzione di giudice del lavoro, entro l’ulteriore termine di centoottanta giorni.
Agli stessi termini si fa riferimento anche nel caso di impugnazione del trasferimento del lavoratore da una sede all’altra, quando si ritiene che non sussistano le condizioni di legge (ragioni tecniche, organizzative e produttive) che ne giustificano l’adozione.
Trattasi di termini previsti a pena di decadenza: il mancato compimento dell’atto o il suo compimento tardivo implicano l’impossibilità per il lavoratore di contestare il licenziamento o il trasferimento, che diventano definitivi.
Un problema che si poneva era quello della idoneità del ricorso d’urgenza a salvare il lavoratore dal termine di decadenza.
La giurisprudenza, anche di Cassazione (ad es. sentenza n. 31647/2018), era sempre stata sul punto chiara: il ricorso d’urgenza non è idoneo, occorrendo sempre la proposizione di un ricorso ordinario.
Il ricorso d’urgenza e la Corte costituzionale: il cambio orientamento
Il Tribunale del Lavoro di Catania, con ordinanza di rimessione alla Corte Costituzionale del 17.05.2019, ha ritenuto la possibile incostituzionalità delle norme in tema di impugnativa di licenziamento/trasferimento, nella parte in cui non includono, tra i rimedi esperibili, anche la proposizione del ricorso d’urgenza nei previsti centoottanta giorni.
Il giudice etneo dovrebbe affermarsi la equiparazione ai fini dell’impugnativa tra ricorso ordinario e ricorso d’urgenza, considerando come “eccessivamente severa” la soluzione fino a quel momento adottata dalla giurisprudenza.
Accogliendo le valutazioni del giudice di Catania, la Corte Costituzionale (sentenza n. 212/2020) ha riconosciuto la lamentata incostituzionalità, affermando la possibilità per il lavoratore di poter impugnare il provvedimento di licenziamento e/o di trasferimento anche con un ricorso d’urgenza.