All’atto dell’assunzione, normalmente, un lavoratore viene assegnato ad una determinata “sede di servizio”, presso la quale dovrà svolgere l’attività lavorativa a cui è chiamato.
Può capitare, tuttavia, nel corso del rapporto di lavoro, che il lavoratore venga spostato ad altra sede. Quando lo spostamento ha carattere definitivo si parla di “trasferimento del lavoratore”.
Il trasferimento è disposto dal datore di lavoro mediante comunicazione al dipendente della “lettera di trasferimento”, nella quale, oltre all’indicazione della nuova sede, dovranno essere specificate, secondo quanto previsto dall’art. 2103 del Codice civile, le “comprovate ragioni tecniche organizzative o produttive” che legittimano il trasferimento.
Secondo la giurisprudenza, queste ultime potrebbero ad esempio consistere in:
- inutilità del dipendente nella sede di provenienza;
- necessità della presenza del dipendente, con la sua particolare professionalità, nella sede di destinazione;
Il datore di lavoro dovrà comunque dimostrare la serietà delle ragioni che hanno fatto ricadere la scelta di trasferire uno specifico dipendente, piuttosto che altri suoi colleghi che svolgano analoghe mansioni.
Lettera di trasferimento: si può contestare?
Nel caso in cui subisca un trasferimento, è onere del lavoratore che intenda contestarne la legittimità, quando si ritiene che non sussistano le condizioni di legge (ragioni tecniche, organizzative e produttive) che ne giustificano l’adozione, quello di impugnare il trasferimento.
L’impugnazione prevede due fasi:
- la fase stragiudiziale, in cui il lavoratore contesta il trasferimento, mediante lettera raccomandata da inoltrare entro il termine di sessanta giorni;
- la fase giudiziale, depositando di un ricorso al Tribunale, in funzione di giudice del lavoro, entro l’ulteriore termine di centoottanta giorni.
Trattasi di termini previsti a pena di decadenza: il mancato compimento dell’atto o il suo compimento tardivo implicano l’impossibilità per il lavoratore di contestare il trasferimento, che diventa definitivo.
Lettera di trasferimento: cosa succede se firmo?
Il datore di lavoro chiede normalmente al dipendente di sottoscrivere la lettera di trasferimento, come prova della conoscenza dello spostamento, da cui decorrono i termini per impugnare di cui si è detto.
Bisogna prestare tuttavia molta attenzione all’atto della firma.
Capita, spesso, che nella lettera sia presente la dicitura “per ricevuta ed accettazione”. In questi casi, come insegna consolidata giurisprudenza, anche di Cassazione (ad es. sentenza n. 12341-2018), la sottoscrizione “per accettazione” della lettera di trasferimento da parte del lavoratore non può avere altro significato che quello della “completa accettazione” del trasferimento, il quale non potrà essere successivamente impugnato.