La condotta antisindacale è un comportamento con cui il datore di lavoro limita o impedisce l’esercizio della libertà sindacale e del diritto di sciopero.
Condotta antisindacale: cosa prevede la legge
La Legge 20 maggio 1970, n. 300 (Statuto dei lavoratori) prevede un apposito procedimento per la repressione della condotta antisindacale.
Nello specifico, l’art. 28 stabilisce che, nel caso in cui il datore di lavoro si comporti in modo tale da impedire o limitare l’esercizio e la libertà dell’attività sindacale, il sindacato possa denunciare tale comportamento al giudice del lavoro.
Nel caso in cui il giudice accerti che, effettivamente, vi è stata una lesione dei diritti sindacali, ordinerà al datore di lavoro di cessare il comportamento ritenuto antisindacale e di rimuovere gli effetti da esso derivanti.
Condotta antisindacale: il caso
Con sentenza n. 1667/2022 pubblicata il 12/05/2022, il Tribunale di Palermo, sez. lavoro, ha confermato il carattere antisindacale, nel comportamento assunto da una nota testata giornalistica regionale siciliana.
La pronuncia è stata resa in sede di opposizione al precedente decreto di accoglimento del ricorso ex art. 28 promosso da alcuni giornalisti e dalle relative OO.SS.
In particolare, le OO.SS. lamentavano la condotta antisindacale del proprio giornale per aver omesso di espletare le procedure di confronto sindacale ed esame congiunto pattuite in un verbale di accordo sindacale.
In sede di opposizione, dopo la soccombenza nella prima fase del giudizio, la testata giornalistica eccepiva l’inammissibilità dell’azione in quanto il verbale sindacale non rispettato avrebbe comportato il riconoscimento di diritti individuali dei lavoratori e non delle relative OO.SS.
Il Giudice del lavoro, accogliendo le difese dello Studio Legale BC&Partners, ha ribadito come “sia ben possibile (e ricorrente in molteplici fattispecie) la coesistenza di un’azione individuale e di una collettiva scaturenti dai medesimi fatti, e la possibilità di esperire l’azione ex art. 28 non rimane circoscritta solo alle ipotesi in cui la materia del contendere sia del tutto estranea a diritti soggettivi dei singoli lavoratori. Ciò peraltro non deve portare a confondere i due piani di interessi tutelati, e di tanto ha avuto chiara contezza il giudice nella prima fase, laddove ha correttamente evidenziato che ciò di cui qui si discute è se l’avere il datore di lavoro ignorato le osservazioni della O.S. costituisca o meno condotta antisindacale”.
In proposito, il Tribunale ha anche affermato che la contesta violazione dell’accordo, oltre a costituire eventualmente violazione dei diritti soggettivi dei singoli, costituiva anche violazione dei diritti del sindacato rispetto ad un accordo con cui veniva “procedimentalizzata” insieme al sindacato stesso una scelta, nonché rispetto al principio di buona fede nella stipula ed esecuzione degli accordi stilati con il sindacato.
La condotta era quindi certamente idonea a produrre un danno alla O.S., perché minava la fiducia dei lavoratori nella capacità del sindacato di svolgere la propria attività.
Da ciò, il rigetto dell’opposizione proposta dal datore di lavoro, l’ordine alla testata giornalistica di avviare il tavolo di confronto sindacale e la condanna alle spese.