Mobilità e inquadramento economico nel pubblico impiego

30 Luglio 2024 StudioLegale
In una recente ordinanza (sez. lav., n. 20696/2024), la Corte Suprema di Cassazione ha stabilito importanti principi riguardanti le procedure di mobilità nel pubblico impiego e l’inquadramento economico dei dipendenti trasferiti.

Il caso

La controversia trae origine dalla procedura di mobilità che ha coinvolto una dipendente di un ente locale, inquadrata nella posizione economica B5, secondo il CCNL Autonomie locali. A seguito della procedura di mobilità, disciplinata dall’art. 30 del D.lgs. n. 165/2001, la dipendente è stata trasferita nei ruoli della giustizia amministrativa.

La Corte d’Appello aveva accolto il ricorso della lavoratrice, riconoscendole il diritto ad essere inquadrata come nell’Area II, fascia retributiva F3, anziché F2 come inizialmente stabilito dall’amministrazione. Questo riconoscimento si basava sul fatto che il rapporto di lavoro non era mai cessato e che la vicenda doveva essere interpretata come una cessione del contratto, ai sensi dell’art. 1406 del codice civile.

La Presidenza del Consiglio dei Ministri, insieme al Segretariato Generale della Giustizia Amministrativa, ha presentato ricorso, sostenendo che il nuovo inquadramento aveva migliorato il trattamento economico complessivo della dipendente, e che quest’ultima aveva accettato espressamente la fascia retributiva F2 partecipando alla procedura di mobilità.

La normativa

Le procedure di mobilità rappresentano, nel pubblico impiego, un meccanismo fondamentale per la gestione efficiente del personale. Si tratta di procedure che consentono il trasferimento di dipendenti da un’amministrazione all’altra, favorendo una migliore distribuzione delle risorse umane e la valorizzazione delle competenze.

La normativa di riferimento è principalmente contenuta nel Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che disciplina l’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.

L’articolo 30 stabilisce, in particolare, le modalità di attuazione delle procedure di mobilità. Le amministrazioni pubbliche sono tenute a ricoprire i posti vacanti in organico prioritariamente mediante passaggio diretto di dipendenti provenienti da altre amministrazioni. I dipendenti trasferiti devono essere inquadrati nell’area funzionale e nella posizione economica corrispondente a quella posseduta presso l’amministrazione di provenienza, garantendo loro la conservazione dell’anzianità di servizio.

Il trasferimento deve assicurare inoltre la “neutralità finanziaria”, e quindi al dipendente trasferito si applica il trattamento giuridico ed economico del comparto di destinazione.

La giurisprudenza

La giurisprudenza ha più volte affrontato questioni relative alle procedure di mobilità, fornendo chiarimenti su aspetti critici come l’inquadramento economico e la conservazione dei diritti acquisiti.

Ad esempio, nella sentenza n. 20696/2024, la Corte di Cassazione ha ribadito il diritto dei dipendenti trasferiti tramite mobilità volontaria a mantenere l’inquadramento economico corrispondente a quello posseduto nell’amministrazione di provenienza, inclusi gli avanzamenti di carriera ottenuti.

Un’altra sentenza significativa è la n. 30875/2017, che ha stabilito che i dipendenti che partecipano a procedure di mobilità volontaria e accettano le condizioni contrattuali proposte non possono successivamente contestare l’inquadramento ricevuto, purché siano stati informati correttamente e abbiano espresso il loro consenso.

La decisione della Cassazione

La Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la decisione della Corte d’Appello.

La Suprema Corte ha affermato che, ai sensi dell’art. 30, comma 2 bis del decreto legislativo n. 165/2001, il dipendente trasferito tramite mobilità ha diritto a essere inquadrato nell’area funzionale e nella posizione economica corrispondente a quella posseduta presso l’amministrazione di provenienza.

Questo implica la conservazione dell’anzianità, della qualifica e del trattamento economico, inclusi gli avanzamenti di carriera ottenuti (Cass., Sez. L, n. 16846/2016).

Ed invece, l’amministrazione aveva tenuto conto solamente della retribuzione relativa alla posizione economica iniziale (c.d. d’ingresso) della dipendente nell’Amministrazione di provenienza, escludendo, quindi, le maggiorazioni conseguite nel tempo mediante le progressioni economiche.

La sentenza ha ribadito che il passaggio diretto di personale tra amministrazioni diverse deve essere considerato come una cessione del contratto. Pertanto, l’Amministrazione, nell’individuare la retribuzione precedentemente percepita dalla dipendente non poteva ignorare le progressioni economiche e tenere conto del solo stipendio di partenza.

Conclusioni

Questo principio, basato su una lettura integrata del decreto legislativo n. 165/2001 e del codice civile, stabilisce un importante precedente per future controversie in materia di mobilità volontaria.